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Valori in campo- il calcio come scuola di vita: diventa ambasciatore dei valori del calcio nella tua città.

Il fenomeno sportivo è oggetto di studio da parte di sociologi e psicologi. Infatti esso, come tutti i fenomeni, ha anche i suoi indubbi lati negativi: creatore e distruttore mezzo di educazione e di speculazione, divertimento e investimento.

Come in tutti i campi, anche in quello sportivo, dunque, si giunge ad eccessi a volte davvero riprovevoli, specie in quello che è uno degli sport più diffusi, il calcio.

La competitività, il desiderio di emulazione, degenerano spesso, negli stadi, in spirito di parte, in faziosità accesa; purtroppo questo travisamento di quelli che sono i valori più puri dell’attività sportiva è spesso causa di gravi incidenti.

Fenomeno ambivalente dunque lo sport, come tutto, del resto, lo è: non è un detto moderno quello che dice che <<ogni medaglia ha il suo rovescio>> e oggi, l’altro conto, si preferisce per lo più non voltarla.

Viene a questo punto spontaneo ricordare per contrasto l’antichità e come lo sport era allora considerato: prova di forza, manifestazioni di grandi capacità fisiche, agonismo puro, non contaminato da speculazione ed affarismo. Venivano esaltati, dunque, quelli che dell’attività sportiva sono i valori reali, o meglio forse ideali, e che ancora sussistono oggi, anche se avvolte vengono travisati.

In un campo di calcio ci sta tutto. Dalla tattica alla grinta, dalla classe alla vigliaccheria, dalla violenza alla dolcezza.

Naturalmente la formazione di un calciatore risente di questa complessità. Non basta dire che solo uno su diecimila ragazzi che giocano a calcio da bambini riesce a diventare professionista e perciò la formazione vale solo per quell' individuo fortunato e dotato. C’è da considerare che glia altri novemilanovecentonovantanove bambini che sognano con un pallone fra i piedi ricevano nozioni comportamentali, suggerimenti, spiegazioni strategiche, tattiche, morali ed educative in senso lato che valgono per tutto il resto della loro vita.

Attraverso l’attività sportiva, molti ragazzi ritrovano la serenità: giocare insieme fa uscire dall’isolamento, insegna a stare con gli altri. Nel gruppo si creano e si consolidano amicizie. Inoltre, il calcio è anche un occasione di riabilitazione, una piccola scuola di vita dove si impara ad aiutarsi, a prendere delle responsabilità, a condividere regole e disciplina, a simulare insomma una società.

Ovviamente quello che sta risaltando maggiormente in questi ultimi anni non è l’aspetto positivo, ma bensì l’aspetto negativo. Il calcio, infatti, può essere veicolo di comportamenti antisociali, strumenti di repressione. Ma vale indubbiamente anche l’aspetto positivo, come del resto succede in tutte le dinamiche sociali. Tutte le agenzie di socializzazioni che operano a livello secondario rispetto alla famiglia contengono elementi negativi e positivi.

Il calcio, come sport  nazionale, e di più unica passione civile di massa del nostro tempo, responsabile degli altri ambienti di socializzazione.

Capisco che vedendo gli ultrà tifare ci si accorge delle immense risorse dedicate ogni domenica di campionato alla repressione di comportamenti violenti negli stadi. Ma è pur vero che se accade un gran casino sia giocando a Napoli piuttosto che a Roma o a Milano non è colpa solo del pallone. C’è qualcosa di più profondo un malessere che non può essere interpretato con criteri elementari legati alla percezione dell’accaduto.

Purtroppo, il calcio è inserito in una società aperta, ma spettacolarizzata, in un sistema consumistico eccessivo che prende, consuma e getta via tutto in poco tempo. Rispetto alle altre pratiche sportive, soffre e amplifica questo stato di cose.

È lo sport principale, una delle principali industrie del paese, ed essendo tale la società non ne può fare a meno. Ma questo non può limitare il messaggio positivo e ridurne la potenzialità educativa.

 

                                                                                        Michele Rescigno