Monologhi
e forme di dialogo
Distinguiamo innanzitutto il dialogo dal monologo: il primo è fondato su una relazione con l’altro, il secondo su una realtà di solitudine cercata o subita. Sia chiaro, non basta essere in due o più perché ci sia il dialogo. Esso si realizza solo laddove c’è autentica relazione, fatta di ascolto, di accoglienza, di sincerità, di interesse per l’altro.
Va da sé che questa è purtroppo una forma di comunicazione molto rara nella nostra realtà quotidiana: spesso facciamo monologhi pur stando con altri! E’ monologo il discorso di chi è centrato solo su di se e non vede la prospettiva dell’altro, oppure quella comunicazione in cui si parla partendo da pregiudizi o dalla convinzione di aver comunque ragione. Ma cos’ è in sostanza il dialogo ? La cultura occidentale ci può fornire alcuni esempi:
Il dialogo socratico, il dialogo evangelico, il dialogo psicanalitico.
In sintesi il primo è teso alla ricerca di un punto di accordo su quale sia la verità, come faceva il filosofo Socrate, al di là delle apparenze e dei giudizi personali; il secondo sviluppa il confronto sulle cose e sui valori per rivelare la vera identità e la vera vacazione delle persone in gioco; il terzo ha come scopo l’individuazione di eventi e circostanze che hanno creato un turbamento della mente del comportamento. Ma la vera differenza fra i tre modelli sta in questo:
E' la diversa relazione che viene a instaurarsi fra gli interlocutori.
Nel dialogo socratico si và in cerca di una verità esterna alla vicenda umana e personale di chi parla; Il maestro la conosce e guida l’allievo o l’ascoltatore a scoprire quella stessa verità: il dialogo è centrato su quest’ultima e il rapporto fra gli interlocutori non è mai paritario.Nel dialogo evangelico Gesù non dimostra di essere interessato tanto all’evidenzia di verità estratte, ma alla reale situazione umana del suo interlocutore: il dialogo è centrato sulle persone. Nel dialogo psicanalitico uno parla e l’altro inizialmente ascolta, decifra, ricerca fra le parole indizi e sintomi della malattia: il dialogo è centrato sul male che affligge uno dei due interlocutori. Ciò che accomuna queste tre forme è una stessa convinzione:
nel dialogo l’altro può fargli scoprire qualcosa della verità, di me o della vita che non so.
La parola va oltre se stessa e conduce alla rivelazione e alla liberazione.