BIBBIA come parola di Dio

Non sappiamo se la definizione dell’uomo come <<animale che parla>> sia più esatta rispetto ad altre. Forse è la più decisiva, quella che le comprende tutte. La parola è la soglia di ingresso nell’universo umano.Parlare, dare un nome, è in qualche misura chiamare all’esistenza, trarre dal nulla. Finché l’uomo non prende la parola, la realtà intrinseca del mondo resta là, non solo inservibile, ma senza significato reale. Nietzsche chiamava gli uomini di genio dei <<nominatori>>: <<Essi vedono qualcosa che non porta ancora un nome, benché tutti lo abbiano sotto gli occhi>>. L’Adamo biblico penetra l’essere di ciascun animale per dargli un nome; gli animali  sono là, creati da Dio, ma non sono reali per l’uomo finché egli non li <<nomina>>. Pur successiva alla creazione, l’imposizione del nome è un atto dell’attività ordinatrice con cui l’uomo si impadronisce spiritualmente delle creature, oggettivandole davanti a sé. Dunque, mediante la parola, l’uomo penetra nel groviglio del mondo e con essa gestisce la sua interiore inclinazione a conoscere, interpretare, approfondire, orinare, destinare.

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