La chiesa :
L'attuale edificio del Duomo conserva l'originale ubicazione in contrada detta "la Terra" fin dagli ultimi anni del secolo X, da quando cioè la sede vescovile fu stabilita in Avellino.
Della fabbrica medievale, iniziata probabilmente nel 1132 dal Vescovo Roberto sui ruderi dell'altra più antica distrutta da Ruggiero il Normanno e terminata nel 1166 dal Vescovo Guglielmo (che arricchì la Cattedrale dei corpi dei Santi Martiri Modestino, Flaviano e Fiorentino), si vedevano fino al 1868 lapidi e frammenti decorativi, utilizzati poi come materiali di costruzione nei lavori di completamento della facciata stessa. Non si hanno altre notizie intorno al Duomo fino al secolo XVI. E' da ritenere però che, in seguito ai danni subiti nel 1440 per la vendetta di Alfonso d'Aragona e negli anni 1456 e 1466 e soprattutto nel 1561 per i violenti terremoti, il Duomo sia stato per gran parte ricostruito. Attualmente esso presenta un ampio scalone in pietra, ad unica rampata centrale, adorna di balaustra con pesante transenna marmorea. La facciata, in pietra bianca e grigia, con decorazioni in marmo di Gesualdo, è dell'architetto Pasquale Cardolo in stile neo-classico. E' adorna, nell'ordine inferiore, da due statue in marmo dei SS. Giosafat a destra e Modestino a sinistra, collocate nei due nicchioni ai lati della porta maggiore; e da un bassorilievo anch'esso in marmo raffigurante la Cena, collocato nella lunetta centrale: opere di Gennaro e Beniamino Calì di Napoli.
L'interno, a tre navate e a croce latina, è adorno di una mediocre decorazione ottocentesca; ha il pavimento in marmo bianco e grigio. La navata centrale è costituita da cinque arcate a tutto sesto gravanti su grossi pilastri, con base rivestita di marmo e adorni di lesene; ha il soffitto a cassettoni decorati in oro, recante al centro, in una ricca cornice centinata, l'immagine dell'Assunta, affrescata da Michele Ricciardi da Sanseverino (sec. XVIII). Le navate laterali, più basse della centrale, sono adorne ciascuna di cinque cappelle in corrispondenza delle arcate, poco profonde e con cupolette recanti affreschi di Achille Jovine (seconda metà dell'Ottocento). Nella sacrestia si trova una tela a olio rappresentante San Modestino realizzata da Giuseppe Simoncelli (fine del secolo XVII), appartenente all'antica cappella di San Modestino. Nel transetto non c'è nulla di notevole, eccetto alcuni quadri, di cui uno al soffitto, altri collocati alle sommità delle pareti, tra i finestroni, tutte opere del Ricciardi.
All'altare della Cappella del Sacramento si osserva un bassorilievo marmoreo raffigurante la SS. Trinità.
L'altare maggiore, collocato in fondo all'abside e sormontato da un pomposo baldacchino marmoreo del secolo XVII, sostituisce l'antico altare anch'esso barocco scolpito dal Fanzago nel 1667.
Lungo le pareti dell'abside sono disposti i pannelli ricavati dall'antico coro cinquecentesco e ivi adattati dallo scultore Erminio Trillo di Bagnoli tra il 1886 e il 1891.
Il coro è costituito da una cattedra vescovile, di cui è originario solo il pannello della spalliera, e da sei grandi stalli; sono moderni i banchi, i genuflessori e alcuni pannelli della parete destra.Nei pannelli sono scolpite composizioni decorative entro le quali sono comprese, a due a due, scene del Nuovo Testamento. E' probabile che il maestro che le scolpì sia stato un Clemente Chierus, francese, che dimorò ad Avellino verso il 1570.
La Cappella di San Modestino conserva ben poco dell'antica, ed è stata tutta rifatta e restaurata.
IL CAMPANILE
La costruzione sorge a ridosso del perimetro esterno del transetto destro ed è sia un esempio della tendenza di utilizzare materiale di spoglio provenienti da monumenti romani e sia una testimonianza delle varie dominazioni succedutesi nel corso della storia della nostra città. La tendenza a risparmiare, la povertà di materiale e la scarsità di maestranze, ma anche la possibilità di ricollegarsi alla gloria di Roma, spingevano a spogliare le architetture romane ed ad esibirle con chiara intenzione ornamentale. Nel nostro caso, i materiali sono da ricondurre alla colonia romana di Abellinum, l'odierna Civita di Atripalda e, in particolare, alle sue necropoli. E' diviso in quattro ordini da quattro cornici, di cui il primo solo recentemente liberato da incamiciature statiche. La parte del primo livello più visibile, dal tessuto discontinuo, è sicuramente di epoca longobarda perché la tecnica con cui le pietre antiche sono inserite è simile a quella della cinta muraria longobarda di Benevento; colpisce l'unione libera degli elementi più diversi e lo stravolgimento delle funzioni originali dei pezzi utilizzati, come lastre, canaloni di scorrimento delle acque piovane del portico di un edificio ed un mascherone come bocca di una fontana. La lastra raffigura un'intera famiglia, due uomini togati ed una donna in tunica e col capo velato (forse identificati con personaggi di Abellinum che posero le loro immagini su di un edifico pubblico da loro donato): i ritratti, frontali e raffigurati dal busto in su, hanno il braccio destro piegato, coperto dal mantello con la mano posta sul petto, nell'atto di tenere una parte del mantello stesso, mentre il braccio sinistro è teso lungo il fianco. Salendo su incontriamo il secondo livello, dalla tessitura compatta e rettilinea, in cui si inseriscono due lastre con due figure togate con al centro una metopa che tra i triglifi raffigura una iconografia militare italica: una corazza, uno scudo rotondo umbonato con figura gorgonica, uno scudo rettangolare, due lance incrociate, che alludono al cursus honorum del defunto; al di sotto un fregio con due maschere bacchiche, di vecchio satiro e di una menade. Questi blocchi sono parti smontate di un monumento funerario a dado, insieme all'altra metopa, meno visibile, con rilievo taurino (simbolo di riti sacrificali). Meno identificabili tra i due livelli, due medaglioni con ritratti poco chiari scolpiti all'interno e due lesene di un monumento funerario, sovrapposte, con capitelli decorati: l'uno, con foglie d'acanto ed una figura femminile velata e con ai lati volute, l'altro, con foglie più appiattite ed una file di rosette che le separa da una testa maschile; ancora, varie epigrafi che fanno riferimento a famiglie di magistrati e di militari che costituivano il centro dirigente di Abellinum. I livelli superiori (il secondo corrisponde al rifacimento della cattedrale del secolo XII, in epoca normanna) attestano un rivestimento regolare di età romanica e posteriori; a sormontare il tutto, una caratteristica cupola a cipolla.
LA CRIPTA
Sicuramente normanna è la cripta, perché è strettamente funzionale alla struttura della Cattedrale superiore, di cui è parte integrante; come nelle altre chiese dei nuovi conquistatori normanni, occupa lo spazio sottostante il transetto, per cui veniva ad avere l'asse trasversale più lungo dell'asse longitudinale ed aveva le absidi in corrispondenza di quelle della chiesa superiore, costituendone le fondazioni. Però, la pianta della cripta, mostra l'altare e l'ingresso contrapposti all'orientamento della chiesa superiore, secondo una disposizione che non è quella originaria, ma comunque antica: ciò giustifica la collocazione nella zona presbiterale di due colonne composte con materiale di spoglio proveniente da Abellinum, l'una con capitello corinzio e l'altra detta "torretta" (in quanto caratterizzata da tante arcatelle cieche, simboleggianti la difesa del sepolcro, data l'appartenenza di questa ad un monumento funerario) con capitello a foglia d'acqua. Si distinguono le altre dodici, tutte di epoca medievale, dai capitelli vari, a foglie lisce, più schiacciate, con rose a quattro petali. Sul colonnato, si impostano le volte polilobate, con le costolonature ricche di putti e motivi floreali in stucco,
del 700; le volte sono decorate da affreschi di Angelo Michele Ricciardi con scene della vita di San Modestino, di Gesù, di Maria, di San Francesco da Paola ed allegorie varie.Al di sotto della cripta ci sono vani più profondi e scavati nel tufo
per la sepoltura dei confratelli della Congrega dei Sette Dolori, aperte per un munifico contributo della principessa Spinola, come ricorda una lapide del 1714. Come si vede dalla pianta, la cripta originariamente presentava un ingresso con due rampe di scale dall'aula della Cattedrale, successivamente chiuse con l'apertura di un nuovo ingresso da Via Sette Dolori dovuto alla traslazione dei corpi dei Santi nella Cappella del tesoro e ciò rese la cripta indipendente, destinata alla congregazione dell'Addolorata (1714) fino alla riapertura di una nuova rampa interna. L'ampliamento ottocentesco della cattedrale ha provocato l'allungamento della cripta e l'apertura della nuova abside sull'odierna Piazza Ospedale, secondo l'orientamento della chiesa, adibita poi a Museo del Duomo. Prima del terremoto del 1980, la cripta presentava sulla destra, entrando da Via Sette Dolori, un altare con balaustra, secondo una sistemazione settecentesca voluta dalla principessa.
Cattedrale di Avellino-Piazza Duomo-Tel.0825/74487